Non deve essere stato facile per un artista come Troilo il 1943, quando un golpe militare piombò nella sua Buenos Aires. Alcuni suoi brani furono censurati sotto quella che venne definita un’opera di risanamento. I brani furono Percal, Uno, Los mareados.
Una parentesi che non gli impedì di essere considerato il migliore di Buenos Aires.
Lui segna una transizione importante nella storia del tango perché egli fece evolvere la musica e allo stesso tempo produsse musica ballabile, senza eliminare il canto, anzi potenziandolo.
Seppe conciliare le esigenze della musica con quelle dei ballerini e questo gli permise di diventare una sorta di mito del tango che durò per 40 anni.
Troilo continua a incidere brani anche negli anni 60, nel periodo buio del tango quando imperversa il fenomeno del tango «for export» destinato all’esportazione che snatura in parte l’essenza del tango come musica destinata alla danza.
Come compositore, Troilo creò un vasto numero di opere fondamentali, un repertorio eccezionale di temi classici quali Toda mi vida, Garúa, María, Sur, Romance de barrio, Che bandoneón, Discepolín, Responso, Patio mío, Pa’ que bailen los muchachos, Una canción, La cantina, Desencuentro, La última curda.
Suonava leggermente inclinato in avanti, gli occhi chiusi, il doppio mento sospeso. Disse una volta: «Si dice che io mi emoziono troppo spesso e che piango. Sì, è vero. Però non lo faccio per cose senza importanza».
Troilo chiudeva gli occhi quando suonava ma non ne sapeva dire il motivo. A volte disse che lo faceva perché si sentiva dentro se stesso.